
La disfunzione del tendine del muscolo tibiale posteriore (DTTP) è una sindrome progressiva che può portare allo sviluppo della deformità patologica del piede piatto. Il tendine del muscolo tibiale posteriore, infatti, è lo stabilizzatore primario dell’arco longitudinale mediale del piede. L’eziologia della DTTP viene considerata come un’eziologia multifattoriale, difatti la DTTP può essere causata da una tenosinovite, da un’avulsione dell’inser- zione distale del tendine a livello dello scafoide, dalla presenza di uno scafoide accessorio o da una rottura parziale o completa del tendine prodotta sia da traumi sia da varie alterazioni istologiche nella sostanza del tendine che possono inter- rompere la normale struttura delle fibre collagene indebolendo e allungando il tendine così da comprometterne la sua funzione. Tutto ciò pone gli stabilizzatori statici dell’arco sotto uno stress eccessivo il quale può condurre al completo collasso della struttura e quindi alla formazione di un piede piatto-valgo. La classificazione eziologica più completa fu realizzata nel 1991 da Muller il quale racchiuse i casi di DTTP in 4 categorie eziologiche. Il tendine tibiale posteriore fa parte della categoria dei “tendini di scorrimento”, tendini aventi cambio di direzione su una superficie ossea. In questo punto di scorrimento suddetti tendini sono sottoposti a delle forze di compressione e di taglio a intermittenza. La conformazione di tali strutture è diversa dai tipici tendini di trazione. Il contenuto in glicosaminoglicani nei tendini di scorrimento è maggiore rispetto ai tendini di trazione ed è proprio grazie a questo fattore che questi tendini possiedono una maggiore e elevata capacità di sopportare le sollecitazioni compressive e l’attrito nella zona di scorrimento del tendine. Il muscolo tibiale posteriore agisce invertendo e plantarflessionando il piede. Adducendo l’avampiede contribuisce anche al mantenimento dell’arco longitudinale interno. Durante la marcia, il muscolo tibiale posteriore inizia a contrarsi quando la fase di appoggio del piede raggiunge circa il 10%, prima che inizi la contrazione del muscolo tricipite surale: la sua funzione principale è quella di invertire l’articolazione sottoastragalica, modificando l’orientamento della linea articolare di Chopart. Come risultato si ottiene un mesopiede rigido sul quale il retropiede va a elevarsi grazie alla contrazione del muscolo tricipite surale. Una DTTP porta a una instabilità a livello della linea articolare di Chopart facendo si che le articolazioni a questo livello non siano sufficientemente stabili da per- mettere alla caviglia di elevarsi gravando sull’avampiede. La perdita dell’integrità del muscolo tibiale posteriore genera una abduzione dell’avampiede coniugata a un movimento di eversione dell’articolazione sottoastragalica e a un valgismo del retropiede. Con la progressione della deformità, lo scafoide inizia a muoversi lateralmente e dorsalmente rispetto all’astragalo dando luogo così a un crollo astragaloscafoideo. Valutazione fisica del paziente L’esame fisico del piede e della caviglia dovrebbe seguire un protocollo sistematico al fine di ottenere un quadro completo della patologia. Dopo accurato esame anamnestico, il paziente viene dapprima visto in stazione eretta andando ad osservare gli arti inferiori ponendosi anteriormente, posteriormente e a lato rispetto agli stessi. I principali segni clinici di una DTTP in materia di ispezione si riscontrano in: • Deformità in valgo del retropiede associata a piede piatto (unilaterale o bilaterale) • Gonfiore lungo il decorso del tendine tibiale posteriore con particolare rigonfiamento nella zona mediale della caviglia • Presenza di “rughe” sulla pelle della parte laterale della caviglia • Too Many Toes sign all’osservazione posteriore Passando alla palpazione, si andrà a esaminare tutto il tragitto del tendine in questione, includendo la zona perimalleolare e quella di inserzione, tenendo conto della presenza o meno di raccolta di liquidi intorno alla zona di decorso del tendine e della temperatura della stessa. Per quanto riguarda le prove specifiche per la DTTP, si andranno a effettuare il Single Heel Rise Test, il Double Heel Rise Test e si andrà a valutare anche il livello di forza del muscolo tibiale posteriore. Classificazione clinica La prima classificazione basata sui riscontri clinici riguardo alla DTTP fu realizzata da Johnson e Strom che in un principio includeva 3 stadi. Posteriormente il secondo stadio fu diviso in sottostadi A e B e nel 1996 Myerson aggiunse lo stadio 4. Successivamente Bluman et al nel 2007 suddivisero ogni stadio. Diagnosi e trattamento La diagnostica della DTTP va a essere fondamentalmente clinica, andandosi a basare sulla sintomatologia e sui segni clinici riscontrati durante l’esame esplorativo del paziente. Di assoluta importanza è fare sempre una diagnosi differenziale con altri tipi di patologia poiché esistono numerosi fattori eziologici che possono portare a una condizione di piede piatto acquisito nell’adulto come ad esempio lesioni traumatiche dei legamenti del mesopiede, coalizioni ossee tarsali, artrite infiammatoria, artrosi tarso-metatarsiana, artropatia di Charcot e altre malattie neuromuscolari. Una diagnosi precoce aiuta a prevenire l’instaurazione di complicazioni più gravi o di una deformità permanente. Sebbene sia una diagnosi fondamentalmente clinica, a volte possono sopraggiungere dei dubbi diagnostici, soprattutto negli stati acuti e subacuti. Si è dimostrato che l’uso della diagnostica per immagini è di grande utilità nella diagnosi e nella gestione di una DTTP. La diagnostica per immagini in questo caso è costituita fondamentalmente dall’esame radiografico, dalla risonanza magnetica nucleare (RMN) e dall’esame ecografico. A causa della natura progressiva della patologia, è consiglia to un trattamento precoce. Se ciò accade, spesso i sintomi regrediscono completamente senza la necessità di interventi chirurgici. Il trattamento conservativo della DTTP comprende: crioterapia, terapia antinfiammatoria con FANS, riposo e immobilizzazione, bendaggio funzionale con tecnica High Dye Tape ed esercizi di rafforzamento e di stretching. Di notevole importanza è il trattamento ortopodologico il cui obiettivo sarà quello di contrastare l’incremento dei mo menti di forza pronatrice che hanno luogo a causa della deviazione mediale dell’asse articolare della sottoastra galica. Ciò si realizzerà confezionando ortesi che tenteranno di aumentare i momenti di forza supinatrice intorno all’asse articolare suddetto. Queste ortesi plantari funzionali saranno realizzate in polipropilene secondo la tecnica deno minata Medial Heel Skive. Questa tecnica comprende la realizzazione di cunei supinatori intrinseci nel retropiede, che sono molto più efficaci rispetto agli estrinseci al fine di aumentare proprio i momenti di supinazione, andando così a diminuire la tensione esistente a livello del tendine tibiale posteriore. Questi cunei sono ricavati direttamente da una modificazione dell’impronta in gesso. Alla creazione di suddetti cunei si potrà integrare una minima addizione mediale e un bilanciamento in inversione del positivo, sempre al fine di aumentare i momenti supinatori, facendo in modo che la forza di reazione dell’ortesi agisca sulla pianta del piede in senso latero-mediale durante le attività in carico. In disfunzioni lievi si useranno dei cunei supinatori di 3mm e una inversione di 2°-4°. In disfunzioni moderate e gravi si useranno invece dei cunei di 4-6mm e un’inversione di 3°-6°. L’altezza dell’ortesi a livello del retro- piede dovrà essere di 18-20mm per prevenire una deviazione laterale del piede quando si andrà ad aumentare l’altezza del cuneo e dell’arco mediale. In certi casi è necessario porre un post al retropiede al fine di dar maggior terreno alla superficie mediale dell’articolazione sottoastragalica che andrà a generare più momenti di supinazione. Si assocerà, inoltre, una calzatura adeguata. Caso clinico Paziente di sesso maschile, di 51 anni, che perviene il 26 ottobre 2011 presso la Clinica Universitaria di Podologia dell’Università Complutense di Madrid sotto consiglio di un medico ortopedico. L’ortopedico suggerisce di scaricare l’ipercheratosi pre- sente a livello dell’arco interno longitudinale (ALI) del piede sinistro che da fastidio al paziente. Detta ipercheratosi, presente già da circa 8 mesi, si pensa sia una conseguenza di una chirurgia di un ganglio a livello dell’osso cuneiforme mediale subita dal paziente nel 2004. Il paziente, inoltre, è in attesa di intervento chirurgico che prevede l’apposizione di una protesi parziale al ginocchio della gamba destra per la presenza di un ginocchio valgo sintomatico. Il paziente lamenta dolore a livello dell’ALI del piede sinistro da circa un anno. All’esplorazione si osserva un tendine tibiale anteriore ingrossato e allo stesso tempo non si riesce a palpare il tendine tibiale posteriore del piede sinistro. Assenza di punti dolorosi a eccezione della zona plantare dell’ALI del piede sinistro, dove è posizionata l’ipercheratosi. Sempre sul piede di sinistra, vi è un’evidente impotenza funzionale del tendine tibiale posteriore. In stazione eretta si nota un arco interno destro diminuito e un arco interno sinistro collassato, un appoggio globale di entrambi i piedi in pronazione e entrambi gli assi delle articolazioni sottoastragaliche si incontrano medializzati. Il Test di resistenza alla supinazione risulta alto nel piede destro e molto alto nel piede sinistro. Non è stato possibile valutare il Test di massima pronazione. Il Test di elevazione del primo metatarso risulta negativo nel piede destro mentre è positivo nel piede sinistro. Vi è positività del Too many toes sign nel piede sinistro. Il Double Heel Rise Test e il Single Heel Rise Test sono entrambi negativi sul piede destro e positivi sul piede sinistro. Il Jack Test è conservato solamente nel piede destro. La separazione malleolare misura 7mm. Le pieghe poplitee si incontrano simmetriche però esiste un’asimmetria glutea di 7mm. Si nota, inoltre, una deformità bilaterale in valgo a livello delle ginocchia, con maggiore accentuazione sul ginocchio destro. Misurando i terzi distali delle gambe si incontrano 8° di valgismo a destra (a causa del valgismo del ginocchio) e 2° di varo a sinistra. Misurando le deformità del retropiede si apprezzano 12° di valgismo nel piede destro e 8° di valgismo nel piede sini stro. Nell’analisi della marcia osserviamo un angolo di Fick aumentato, claudicazione, un appoggio in varo del tallone destro e un piede sinistro in costante valgismo durante tutte le fasi della marcia. Analizzando le prove complementari, all’esame podoscopico si osserva un’impronta asimmetrica, sovraccarico dell’ALI del piede sinistro, una lieve pronazione bilaterale del retropiede leggermente più evidente nel piede sinistro e un appoggio diminuito che abbraccia tutte le dita. Il paziente apporta delle radiografie in cui si osserva l’abduzione dell’avampiede, uno scafoide con morfologia anormale, l’asse dell’articolazione sottoastragalica nettamente medializzato, un aumento dello spazio articolare nelle su perfici plantari articolari delle articolazioni tarso-metatarsale mediale e cuneo-scafoidea e lievi manifestazioni artrosiche a livello del dorso dello scafoide, del mesopiede. Si integra uno studio ecografico nel quale si evidenzia una zona adiposa ubicata nello spessore del tendine stesso a livello della regione mediale appena sotto al malleolo. Ciò è indicativo di una rottura a questo livello con inter posizione di tessuto adiposo. Per quanto riguarda il giudizio diagnostico, ci sono segni e sintomi compatibili con un’artrosi dell’articolazione tarso-metatarsale mediale del piede sinistro, con rottura del tendine tibiale posteriore. A destra, invece, si diagnostica una gonartrosi causa ta da deformità in valgismo. Il trattamento prevede un’ortesi funzionale termoconformata di 4mm di polipropilene. Piede sinistro: inversione, riempimento in gesso di 5mm sul positivo a livello dell’articolazione tarso-metatatarsale mediale e cuneo supinatore intrinseco di 15mm e aletta interna. Piede destro: inversione in conformità all’impronta, addizione mediale moderata, talloniera dura di 4mm. Si danno infine consigli sul tipo di calzatura da utilizzare per una maggior efficacia del trattamento. Il 4 novembre 2011 si consegnano i plantari al paziente e si effettua la prima prova. Si consiglia una revisione dopo un mese per valutarne l’evoluzione. Fabiano Sgrò Podologo A.I.P. Arcangelo Marseglia Vicepresidente e Podologo A.I.P Tratto da www.associazionepodologi.it